Lo Studio
L'Avvocato Massimiliano Garofalo considera l'attività professionale come prestazione di un servizio all'assistito finalizzato alla tutela dei primari diritti costituzionalmente garantiti: salute, lavoro, famiglia, libertà individuali e collettive, proprietà individuale e comune.In particolare, egli affronta le delicate problematiche connesse al diritto sanitario, vale a dire la responsabilità per colpa medica e per errata diagnosi, il consenso informato e, in generale, il diritto alla cura (read more).
Inoltre, il Consiglio Nazionale Forense, in data 22 febbraio 2013, ha deliberato l'iscrizione dell'Avvocato Garofalo nell'Albo Speciale degli Avvocati abilitati al Patrocinio presso la Corte di Cassazione e le altre Giurisdizioni Superiori.
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Ascolta l'intervista rilasciata dall'Avvocato Garofalo ad Enel Radio il 9 aprile 2015
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Diritto delle locazioni
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Diritto Sanitario
Il diritto sanitario si occupa di tutelare il diritto alla salute come fondamentale...
Diritto Amministrativo
Nell'ambito di tale materia, lo studio si occupa di tutelare, sia in sede...
Diritto di Famiglia
La pregressa esperienza dello studio in materia di tutela dei Diritti...
Diritto del Lavoro
Negli ultimi anni si è verificato un progressivo proliferare di varie...
Le News
DIRITTO DEL LAVORO
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18390/2024, ha stabilito che il recupero delle ore di mancato riposo non deve essere frazionato, ma deve avvenire in modo continuativo o essere cumulabile con i riposi giornalieri e/o settimanali previsti. Richiamando la normativa europea, i giudici hanno sottolineato che, in caso di mancato godimento del giorno libero, il riposo compensativo deve essere tempestivo e attiguo ad altri periodi di riposo. Qualsiasi frazionamento violerebbe le finalità dell’istituto del riposo compensativo, portando a un danno per il lavoratore dovuto a usura psico-fisica.
RESPONSABILITA’ CIVILE
La Corte di Cassazione ha ampliato i confini della responsabilità delle scuole. Con la sentenza n. 21368/2024, la Terza Sezione Civile ha stabilito che il dovere di vigilanza sugli alunni non si limita all’orario delle lezioni, ma si estende a tutto il tempo in cui i ragazzi sono presenti nei locali scolastici.
LOTTIZZAZIONE ABUSIVA
La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di lottizzazione abusiva: la sanatoria delle opere abusive costruite all’interno di un’area lottizzata non esclude la possibilità di confisca dell’intera area. La sentenza n. 30953 del 29 luglio 2024 specifica che la sanatoria delle singole opere abusive non è sufficiente a “sanare” l’intera lottizzazione, che rappresenta una violazione più grave delle norme urbanistiche. La confisca dell’area lottizzata, infatti, mira a punire l’illecito urbanistico nel suo complesso e a recuperare il territorio alla sua destinazione originaria. Tuttavia, la sentenza ammette la possibilità che, in alcuni casi, un successivo provvedimento amministrativo che autorizzi la lottizzazione possa impedire la confisca. Questo può accadere quando l’amministrazione competente, con un atto successivo alla realizzazione dell’abuso, riconosca la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici e rinuncia ad acquisire l’area al patrimonio indisponibile. In sostanza, la possibilità di confisca di un’area lottizzata abusiva dipende da una valutazione caso per caso, tenendo conto sia della sanatoria delle opere abusive, sia degli eventuali provvedimenti amministrativi successivi.
ASSEGNO DIVORZILE
Con l’ordinanza n. 21111 del 29 luglio 2024, la Suprema Corte ha precisato che, per attribuire un assegno divorzile finalizzato a riequilibrare le condizioni economiche dei coniugi dopo la separazione, il giudice deve innanzitutto verificare se durante il matrimonio siano stati stipulati accordi economici, come donazioni o trasferimenti di beni, che abbiano già operato un riequilibrio patrimoniale. In sostanza, se durante il matrimonio i coniugi hanno già provveduto a bilanciare le loro situazioni economiche attraverso accordi privati, è meno probabile che il giudice disponga un assegno di divorzio a carattere perequativo. Al contrario, se al momento del divorzio persiste un significativo squilibrio economico tra i coniugi, riconducibile alle scelte fatte durante il matrimonio (come, ad esempio, il sacrificio di una carriera professionale da parte di uno dei coniugi per dedicarsi alla famiglia), il giudice potrà valutare l’attribuzione di un assegno divorzio per compensare tale disparità.
USUCAPIONE
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21135 del 29 luglio 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di usucapione. Il provvedimento chiarisce che non è sufficiente un mero possesso materiale di un bene per poter vantare il diritto di proprietà. Occorre, infatti, che questo possesso sia stato esercitato in modo pacifico, continuo e pubblico, con l’animus domini, cioè con la volontà di comportarsi come proprietario. La Corte ha sottolineato l’importanza di distinguere tra possesso e detenzione. Quest’ultima, infatti, può essere tollerata dal proprietario del bene e, in quanto tale, non fa maturare il diritto di usucapione. Ad esempio, l’uso di un bene concesso da un familiare o da un socio d’affari è solitamente considerato una detenzione, a meno che non si riesca a dimostrare l’esistenza di elementi che facciano presumere l’esercizio di un possesso pieno. La Cassazione ha, inoltre, precisato che la durata e l’intensità dell’uso del bene possono far presumere l’esistenza di un possesso, ma non sempre. Ad esempio, se l’uso del bene è legato a particolari rapporti tra le parti, come quelli familiari o societari, questa presunzione può essere superata.
DIRITTO DEL LAVORO
La Cassazione, con ordinanza n. 12142/2024, ha confermato la legittimità del licenziamento di un lavoratore che aveva pubblicato un post offensivo nei confronti della sua azienda su Facebook. Nonostante l’ex dipendente avesse rimosso il post e contestato la validità delle prove presentate dall’azienda, la Corte ha ritenuto che la condotta fosse grave e meritasse il licenziamento. La diffusione di un messaggio diffamatorio su una piattaforma social come Facebook, anche se inizialmente visibile solo ad un cerchio ristretto di persone, ha una potenzialità virale che può danneggiare gravemente l’immagine dell’azienda. La Cassazione ha sottolineato come la rimozione del post non sia sufficiente a riparare al danno causato e che la potenzialità diffamatoria del messaggio sia sufficiente a giustificare il licenziamento. Questa sentenza conferma la necessità per i lavoratori di prestare la massima attenzione a ciò che pubblicano sui social media, soprattutto quando riguarda il proprio datore di lavoro. Un commento avventato può infatti avere conseguenze molto gravi sulla propria carriera professionale.
IMPRESA FAMILIARE
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 148 del 25 luglio 2024 ha stabilito che anche i conviventi di fatto hanno diritto di essere considerati parte integrante dell’impresa familiare. Fino ad oggi, la legge italiana limitava i benefici legati all’impresa familiare ai coniugi e ai parenti stretti. Questa esclusione dei conviventi di fatto era considerata una discriminazione ingiustificata, soprattutto alla luce dell’evoluzione dei modelli familiari e delle nuove forme di convivenza. La Corte, accogliendo le istanze della Cassazione, ha ritenuto che negare ai conviventi di fatto i diritti legati all’impresa familiare fosse in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e tutela del lavoro. La decisione rappresenta un passo avanti verso un riconoscimento più ampio dei diritti delle coppie di fatto e sottolinea l’importanza di adeguare la legislazione alle nuove realtà sociali. Con questa sentenza i conviventi di fatto che collaborano nell’impresa familiare avranno accesso agli stessi diritti e tutele previsti per i familiari.
DIRITTO CONDOMINIALE
La Corte di Cassazione ha chiarito ulteriormente le intricate questioni legate alla validità delle delibere condominiali relative alla ripartizione delle spese. Secondo la recente ordinanza n. 20568/2024, una delibera assembleare che modifica i criteri di ripartizione delle spese stabiliti dalla legge o da un accordo unanime dei condomini è nulla. Questo perché l’assemblea, in tal caso, esorbita dalle proprie competenze, assumendo un potere che non le spetta. La differenza tra nullità e annullabilità La Corte ha sottolineato la distinzione tra nullità e annullabilità delle delibere. Mentre la nullità è una sanzione più grave e può essere rilevata in qualsiasi momento e da chiunque, l’annullabilità è una sanzione meno severa e deve essere fatta valere entro termini specifici. Una delibera che viola i criteri di ripartizione delle spese nel caso concreto, senza modificarli in via generale, è annullabile. In questo caso, l’assemblea ha semplicemente applicato in modo errato i criteri esistenti.
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE
La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 30025 del 22 luglio 2024, ha fatto chiarezza sulla violazione degli obblighi di assistenza familiare, specificando i criteri per la valutazione dell’impossibilità assoluta di adempiere. In particolare, la Corte ha stabilito che l’impossibilità assoluta di adempiere agli obblighi di assistenza familiare, che esclude il dolo, non si identifica automaticamente con l’indigenza totale dell’obbligato. Piuttosto, la Corte richiede una valutazione più approfondita che consideri la possibilità per il soggetto di adempiere ai propri obblighi senza compromettere le proprie condizioni di vita dignitose. In altre parole, l’analisi deve tenere conto di un bilanciamento tra gli interessi in conflitto, dando priorità al benessere dei minori e degli aventi diritto alle prestazioni di assistenza. La Corte sottolinea che la valutazione deve essere effettuata caso per caso, considerando le specifiche circostanze del soggetto obbligato e le sue reali capacità di provvedere al mantenimento dei propri familiari. In sintesi: l’impossibilità assoluta di adempiere agli obblighi di assistenza familiare non coincide necessariamente con l’indigenza totale; la Corte valuterà se l’obbligato avrebbe potuto adempiere ai propri obblighi senza rinunciare a condizioni di vita dignitose; la valutazione sarà effettuata caso per caso, bilanciando gli interessi delle parti coinvolte.
DIRITTO DELLE LOCAZIONI
La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20167 del 22 luglio 2024, ha fatto chiarezza sulla legittimità delle clausole che prevedono un canone di locazione variabile per immobili ad uso diverso da quello abitativo. Secondo la Corte, è ammissibile pattuire un canone che aumenta nel corso del tempo, suddividendo il contratto in periodi più brevi con canoni differenti per ciascun segmento temporale. E’ anche possibile correlare l’entità del canone a fattori predeterminati che influenzano l’equilibrio del contratto. Tuttavia, la Corte ha precisato che la legittimità di tali clausole viene meno se si dimostra che il loro vero scopo è quello di aggirare i limiti imposti dalla legge 392/1978 in materia di rivalutazione monetaria degli affitti. In questo caso, la clausola è nulla e il canone deve essere ridotto al valore stabilito dalla legge. L’onere della prova di tale illecito scopo spetta alla parte che contesta la validità della clausola. La Corte ha chiarito che la nullità per elusione della legge non opera in automatico, ma deve essere accertata dal giudice caso per caso, valutando il reale intento delle parti e il contesto in cui è stato stipulato il contratto.
Le Collaborazioni
Collaborano con lo studio un Avvocato, nonché un Medico Legale, uno Psicologo, un Commercialista ed un Consulente del Lavoro.
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