Diritto

Lavoro e Previdenza

Diritto del Lavoro e della Previdenza Sociale

Negli ultimi anni si è verificato un progressivo proliferare di varie tipologie di contratti atipici o speciali che hanno, di fatto, sancito la precarizzazione del rapporto di lavoro, soprattutto per i lavoratori più giovani; spesso, però, sotto la veste formale dei contratti di lavoro parasubordinato o addirittura autonomo, si celano veri e propri contratti di lavoro subordinato, presentando i caratteri tipici di quest’ultimo, vale a dire: l’osservanza di un orario di lavoro, l’assenza del rischio d’impresa, la natura della prestazione, la sottoposizione al potere direttivo – disciplinare, la continuità della prestazione, la predeterminazione della retribuzione, l’inserzione del lavoratore nell’organizzazione produttiva.

Lo studio dell’Avvocato Garofalo offre consulenza ed assistenza legale nelle questioni riguardanti le varie tipologie contrattuali attualmente vigenti, ivi comprese quelle introdotte dalla cosiddetta “riforma Biagi”, vale a dire: il contratto d’inserimento (già contratto di formazione e lavoro), di apprendistato, di lavoro a tempo parziale (o part-time), di somministrazione, di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.), di lavoro occasionale, di lavoro accessorio,  di lavoro ripartito (detto anche job sharing), di lavoro intermittente o a chiamata (detto anche job on call), di lavoro dirigenziale, di lavoro societario, di lavoro nell’impresa familiare, di lavoro a domicilio, di lavoro marittimo ed aereo, di lavoro in agricoltura, di lavoro sportivo, di lavoro giornalistico, di lavoro nello spettacolo, di lavoro domestico.

L’impianto normativo dettato dalla predetta “riforma Biagi” è stato modificato, a dire il vero, in senso notevolmente peggiorativo e disorganico.
Dapprima la cosiddetta “riforma Fornero” ha inteso favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, contrastando la reiterazione dei contratti a termine e delle altre tipologie di lavoro flessibile e l’abuso dei contratti di lavoro coordinato ed autonomo. Nel contempo detta riforma Fornero, nel tentativo di rendere maggiormente competitivo il mercato del lavoro, ha inciso sensibilmente sulla disciplina sanzionatoria dei licenziamenti individuali e collettivi, prevedendo inoltre l’introduzione di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie, creando tuttavia grandissime difficoltà applicative.
Successivamente, il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23 in attuazione della legge n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act) ha introdotto un nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto (7 marzo 2015) e per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti). In realtà, non è stata istituita nessuna nuova tipologia di contratto a tempo indeterminato, ma si prevede solamente un indennizzo in favore del lavoratore che cresce con l’aumentare dell’anzianità retributiva.

Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori.

Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quella in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”.
Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.
La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi.
Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso, il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.

Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità). In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.
Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.

La nuova disciplina si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.
A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2015, attuativo del Jobs Act, non possono essere più stipulati contratti di job sharing, di associazione in partecipazione e di collaborazione coordinata e continuativa a progetto.

Rimangono invece stipulabili, oltre ovviamente ai contratti a tempo indeterminato, quelli a tempo determinato, a chiamata, a tempo parziale, di somministrazione di lavoro, di apprendistato, di collaborazione coordinata e continuativa e accessori (con voucher).
Ad eccezione del contratto a chiamata, che rimane pressoché invariato, tutte le altre tipologie contrattuali hanno, tuttavia, subito delle modifiche che ne hanno reso sensibilmente diversa la disciplina.

Inoltre, lo studio si occupa delle problematiche inerenti al rapporto di pubblico impiego, così come disciplinato successivamente alla cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego.

L’attività professionale dello studio ha approfondito le tematiche processuali più delicate del Diritto del Lavoro come il demansionamento, il mobbing, gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l’impugnazione dei licenziamenti privi di giusta causa o di giustificato motivo, la tutela dei lavoratori disabili, il recupero dei crediti retributivi, anche attraverso l’ammissione al passivo fallimentare della società datrice di lavoro, il risarcimento del danno derivante da omissione contributiva del datore di lavoro, i congedi parentali.

Nell’ambito del Diritto della Previdenza Sociale, invece, lo studio si occupa dei procedimenti per l’ottenimento degli assegni e delle pensioni d’invalidità, di inabilità e dell’indennità di accompagnamento, dell’assegno sociale, dell’assegno per il nucleo familiare; in generale, lo studio tutela i diritti dei pensionati siano essi ex dipendenti del pubblico impiego e delle aziende private, ovvero ex lavoratori autonomi verificando, anche con la collaborazione del Consulente del Lavoro, che non vi siano illegittime decurtazioni degli importi delle pensioni dirette, indirette e di reversibilità spettanti all’avente diritto, con l’impugnazione delle azioni di recupero dell’indebito percepito in buona fede dal pensionato.